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Associazione Teatro Buti
In collaborazione con Fondazione Pontedera Teatro, Comune di Buti, Maggio, Ottava e Cultura Italiana


LE DONNE, I CAVALIERI, L’ARME, GLI AMORI
L’ORLANDO DELL’ARIOSTO

Cantato in ottava rima


Atto I - AMORE
Atto II – GUERRA




drammaturgia Leontina Collaceto e Dario Marconcini
musiche di scena M. Riccardo Moretti
effetti sonori Fabio Bartolomei
scene e costumi Leontina Collaceto
luci e realizzazione scene Riccardo Gargiulo, Valeria Foti e Cristina Fresia
regia Dario Marconcini

interpreti
Valeria Foti L’ombra del guerriero
Andrea Calducci Narratore
Giovanna Daddi Narratrice
Giulia Pelosini Angelica
Daniele Vannucci Rinaldo
Gianni Buti Orlando
Enrico Pelosini Re Carlo, Atlante
Annalisa Lari Incantatrice
Anna Baroni Alcina, Coro
Mirko Pelosini Sacripante, Medoro
Marco Filippi Farraù, Cloridano
Enrico Baschieri Astolfo, bontà ineffabile
Andrea Bacci Ruggero
Catia Leporini Bradamante
Teresa Paoli Cantore, Coro, Discordia
Alessandra Paoli Frode, Coro
Isa Garosi Angelo Michele, Coro, Dardinello


Una festa per il teatro.

Una rappresentazione gioiosa, cantata in ottava rima, per un allestimento spettacolare ed inconsueto, che invade gli spazi teatrali con la sua musica ed i suoi versi.

Dopo Beckett e Goethe, bisognava mangiare foglie di loto per dimenticare per un po’i tormenti dell’uomo, il suo continuo interrogarsi, il suo essere senza pace, la sua inutile lotta col demonio e con Dio; per allontanarsi dalla continua giornaliera visione di violenze e guerre, manie di potere e di potenza; ed entrare così nell’oblio, in quel luogo dell’anima dove tutto è sogno, dove non esistono legami o responsabilità; lo spazio dell’atarassia, degli dei dell’Olimpo, della sorridente indifferenza.
L’Orlando è la nostra foglia di loto.
Con l’Orlando ci prendiamo una piccola pausa dal quotidiano…è la nostra Arcadia …il nostro rifugio…la nostra fuga dalle responsabilità … è solo per essere un po’ più irresponsabili che giochiamo a nascondino con questi personaggi che rassomigliano sempre di più a figurine d’oro di un museo di bambole di oggetti trovati, quasi marionette vive uscite fuori dal teatro di un Mangiafuoco gentile che si rivolge agli spettatori come a una corte fuori dal mondo.

Non è la nostalgia di un mondo perduto che ci guida, piuttosto la nostalgia di una possibilità che l’uomo ha e non si ricorda di avere. Ed è sempre struggente pensare ad una innocenza perduta. Con l’Orlando ci è data di nuovo la possibilità di giocare. E’ nella dimensione ludica che in qualche modo potremo restituire la libertà dell’invenzione e la leggerezza del raccontare dell’Ariosto.
L’occasione ci è data dalle ottave cantate che hanno si un che degli antichi cantari, ma che anche evitano forme di declamazione che potrebbero deviare il senso dell’ascolto.
L’ottava poi nella sua struttura con i sei versi iniziali pieni di tensione e dinamica si smorza o si rafforza con gli ultimi due a rima baciata dall’effetto fulminante spesso attraversati dalla vena straniante dell’ironia.

C’è poi il senso dell’irrisolto e dell’infinito che il poema ci propone ad ogni pagina con episodi che si interrompono, personaggi che scompaiono per ritrovarli dopo molti canti in un intersecarsi continuo, con interruzioni che ci fanno perdere il senso del racconto ed entrare in un labirinto dove è più facile perdersi che ritrovare il filo.
Eppure in queste frammentazioni tutto è legato da un’unità dinamica e da un’armonia che risolve i momenti di incompiuto.
I cantanti di Buti poi attingono alla memoria della loro tradizione, e nel tenerla desta e viva, la fanno diventare il presente nella sua concretezza, rendendo vano il ricordo del passato.
Importante poi è il dono che il maestro Moretti ha voluto farci componendo per questo spettacolo musiche originali e dirigendole con la sua orchestra “I solisti di Parma”, composizioni che ci accompagnano e interagiscono in alcuni momenti coi fatti narrati sulla scena.

Dario Marconcini


IL MANIFESTO – GIANFRANCO CAPITTA / ORLANDO E LA SUA PAZZIA RINASCONO CON NUOVE VOCI:
”...Dario Marconcini, direttore e regista del Teatro di Buti, rilancia le avventure ariostesche con una idea tanto elementare quanto geniale. Il poema cavalleresco che è alla base di tanta nostra letteratura, è notoriamente scandito in ottave: l’artista ha pensato così di farlo cantare ai suoi interpreti, secondo la tradizione che a Buti ha ancora un fondamento forte e tuttora molto vivo, quello del Maggio in ottava rima.
Il risultato è deflagrante: versi bellissimi e impressi tornano a vivere nel canto di una nuova generazione di artisti, che vi dedica tutta l’energia ed il gusto di cui dispone. Come siamo abituati a sentire i canti legati ai cicli dell’agricoltura e della primavera, ora echeggiano – percorso in tutta la lunghezza da una pedana praticabile – Le Donne, i Cavallier, l’Arme, gli Amori scritti da Ludovico Ariosto in versi meravigliosi...tanto il ricordo dell’Orlando ronconiano è legato a un’invenzione barocca...tanto Marconcini sceglie la via della composizione pittorica, in un fluire di immagini e posture che sono quelle dei Maggianti, ma che il canto incatena le une alle altre, in un fluire narrativo che da grandioso si fa struggente, da tradizionale a sperimentale.
Non sono poche le invenzioni sceniche di effetto...sono moltissime le immagini che entrano nel cuore, grazie anche alle scene e ai costumi bellissimi di Leontina Collaceto, che con lo stesso Marconcini ha curato anche la drammaturgia. E importanza assoluta hanno le musiche di Riccardo Moretti, sospese tra i Maggi di ieri e di oggi, e che solo in chiusura omaggia Monteverdi attraverso un madrigale...”

   


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